Intervista a Niccolò Campriani
In occasione della consegna della Retina d’Oro il campione olimpico ci ha rilasciato questa intervista…
Non è un esponente del mondo della pallacanestro. Ma i risultati conseguiti nel corso della sua brillante carriera gli sono valsi la stima di tutto il mondo sportivo, balzando agli occhi anche di UniCredit Basket, che, con un excursus in una differente disciplina, gli ha voluto conferire la Retina d’Oro per il prestigio apportato nel mondo sportivo italiano. Stiamo parlando di Niccolò Campriani, campione assoluto di tiro a segno, che con i suoi tre ori olimpici conquistati tra Londra e Rio.
“Ringrazio per questo premio il presidente di UniCredit Basket – ha commentato Campriani – Credo molto nella sinergia tra vari sport, e la Retina d’Oro, spaziando dal basket alle altre discipline, ne è un bell’esempio. In effetti, ho vinto diversi titoli, ma la Retina d’Oro mancava proprio nella mia bacheca!”.
Qual è il rapporto di Campriani con la pallacanestro? “Non sono esperto di basket, ma da sportivo amo interessarmi anche delle altre discipline. Ho vissuto per un periodo negli Stati Uniti, e mi sono appassionato alle vicende della squadra di basket della mia Università, la West Virginia, che ha raggiunto le Final Four di NCAA”.
Autore del libro «Ricordati di dimenticare la paura – Cosa fa di un atleta un uomo felice», Campriani ci spiega la sua filosofia sportiva: “Vedo lo sport come uno strumento di crescita. L’obiettivo per me è la performance in sé: la medaglia non è una priorità, ma una conseguenza. Solo con questa visione si può vivere lo sport in maniera sana, senza confonderlo necessariamente con classifiche, senza isolarsi nell’ossessione del risultato, ma tenendo tutto il proprio mondo vicino a sé”.
Il periodo trascorso negli Stati Uniti gli ha permesso di mettere a confronto le due culture sportive, quella italiana e quella americana: “In America sistema scolastico e sport formano un binomio inscindibile, fin dall’età più giovane. Lo sportivo di alto livello ha una marcia in più in classe, e lo studente che si applica negli studi dà il meglio di sé anche in campo. All’estero tale assunto viene valorizzato continuamente, in Italia raramente avviene”.
Cosa fare, dunque, per far crescere lo sport italiano? “Credo molto nei gruppi sportivi militari italiani, e sono grato alle Fiamme Gialle che mi sostengono nel mio percorso, ma sono convinto che si debba guardare ai sistemi stranieri, americano inglese, ma anche australiano e giapponese, e provare a ritagliare addosso a noi una possibile soluzione per la crescita dello sport. Ma nulla è fattibile senza investimenti concreti”.
C’è qualcosa che accomuna basket e tiro a segno? “L’ultimo colpo, quello che sai che ti darà l’oro, è come nel basket un tiro libero all’ultimo secondo decisivo per la vittoria. Sono colpi che in allenamento non sbagli mai, la distanza del bersaglio, così come la distanza del canestro, sono esattamente le stesse. Ciò che cambia è il valore che attribuisci a quel tiro”.
Tre sono gli ori olimpici conquistati da Campriani nel corso della sua carriera, uno a Londra 2012 e due a Rio 2016. E ognuno di essi assume un valore particolare: “Quando ho conquistato la medaglia d’oro a Londra, la sensazione immediata è stata di sollievo: se non fosse arrivato l’oro sarebbe stato flop assoluto. Il primo dei due ori di Rio mi ha permesso di esternare tutta la frustrazione di quattro anni difficili. Il secondo oro di Rio è stato finalmente quello «piacevole», quello che mi ha fatto sorridere”.
Le incredibili soddisfazioni giunte quest’anno a Rio non hanno impedito a Campriani di riflettere sull’eventualità di appendere la carabina al chiodo. L’atleta motiva così questa sua riflessione: “Il ritiro, per me, rappresenta un modo per capire a che punto si è nella vita. L’importante è non andare avanti per inerzia alla ricerca ossessiva del risultato. Quando deciderò di ritirarmi di certo mi mancheranno le ore con me stesso al poligono e l’adrenalina della gara”.
( intervista a cura di Martina Borzì)